ANTONIO MARIA CAGIANO DE AZEVEDO (1854-1867)

10 Maggio 2010

Nacque il 14 dicembre 1797 a Santopadre (FR), figlio di Ottavio. Benché il suo cognome lo indicasse spagnolo di origine, egli era italiano. Da giovane studiò sotto il celebre abate Clary, e completò i suoi studi all’Accademia dei nobili ecclesiastici. Fu un sacerdote molto pio, stimato ed amato da Gregorio XVI (1831-46). Fin da giovanissimo ebbe cariche di fiducia e di grande importanza. Nel 1832 fu nominato governatore di Spoleto, benché avesse solo 35 anni. L’anno successivo divenne Preside della provincia di Perugia, ove strinse amicizia con il Re di Baviera. Nel 1836 fu prolegato pontificio a Ferrara. Ovunque si accattivò affetto, simpatia e stima, tanto che in segno di riconoscenza gli fu concessa la nobiltà di Todi, Ferrara e Foligno. Quest’ultima nobiltà fu estesa a tutta la famiglia, tanto che il suo stemma fu riprodotto tra quelli delle famiglie nobili folignati, sulla volta del palazzo Brinci e, precisamente, sulla porta presso la seconda finestra. Il 22 gennaio 1844 fu eletto cardinale e nominato vescovo di Sinigaglia, ove restò fino al 1848, quando ne fu cacciato in seguito alla rivoluzione. Seguì il Papa a Gaeta. Ebbe il titolo di S. Croce in Gerusalemme. Fu prefetto della S. Congregazione del Concilio, Penitenziere Maggiore, Protettore dell’ordine francescano. Promosse lo studio del catechismo. Nel 1854 fu nominato vescovo tuscolano e per ben 13 anni resse la diocesi suburbicaria. Non appena arrivò a Frascati, constatando lo stato di abbandono e di squallore della cattedrale, indirizzò all’amministrazione una lettera di protesta. In essa si legge: «Il card. Cagiano, venuto nella sede suburbicaria di Frascati, trovò l’interno della cattedrale in uno stato veramente indecente e ne sentiva lo stupore, l’incredulità, non solo dei cittadini, ma anche dei forestieri». Che i restauri fossero necessari e non una invenzione del cardinale, lo si può rilevare dal registro degli Atti Capitolari che, alla data del 21-6-1854, ossia un mese prima che l’Azevedo fosse nominato vescovo di Frascati, parla di una lettera inviata al Comune di Frascati per richiedere riparazioni alla cattedrale e nelle stanze sopra la cappella dell’Addolorata. Il cardinale capì anche che qualunque riparazione comportava un restauro sia dei muri che delle volte. La manutenzione spettava al Comune, in quanto proprio il Comune l’aveva fatta edificare. Comprese, però, la grave situazione deficitaria in cui il Comune versava a causa di molte opere pubbliche in corso: fondi stradali, nuovo cimitero, palazzo comunale, per dire solo i più grossi. Allora ricorse alla raccolta di offerte volontarie. Raccolse scudi 320 dalla Università dei Boattieri, scudi 180 da vari genovesi e, con decreto pontificio, fece devolvere scudi 500, già destinati al Comune per opere pie: il tutto fu destinato per il restauro della cattedrale. A questo punto sorse il dissidio tra il cardinale e il gonfaloniere circa il modo di intendere il «diritto di patronato». Del Grande lo intendeva come diritto di proprietà, il cardinale come dovere di protezione ed obblighi vari. Il Cagiano aveva formato una commissione mista di sacerdoti e cittadini, la quale si era messa al lavoro ed aveva non solo stabilito, ma già affidato i lavori di sistemazione della cappella dell’Addolorata, ora del S.mo Sacramento, e nello stesso tempo aveva fatto pressione, affinchè il Comune desse il via per il restauro del resto della chiesa. Il gonfaloniere, il sindaco di allora, non solo si rifiutò di intervenire alle riunioni della commissione, ma dichiarò di non voler mettere mano ai lavori di restauro. Al Cagiano, a questo punto, non restò altro che rivolgersi al Presidente della Congregazione del Buon Governo, che era il card. Roberti, e sottoporgli i lavori da farsi, nonché la richiesta di far aggiungere, da parte del Comune, la somma di scudi 2.000 ai 1.000 del cardinale, da pagarsi anche ratealmente. La risposta fu negativa, in quanto il Roberti rispose che solo il Papa poteva dare disposizione. Il Cagiano intuì una certa connivenza tra il gonfaloniere e il card. Roberti, e dopo aver confutato punto per punto le osservazioni negative del Roberti, terminò con il dire che come il gonfaloniere trovava i denari per le feste profane, o per la sistemazione delle sale della magistratura, era suo dovere trovare i denari anche per il decoro del tempio di Dio. Il card. Roberti si trovò stretto in una morsa e cercò di uscirne suggerendo al Cagiano di rivolgersi direttamente al Papa, il che fu fatto immediatamente e fu aggiunto anche che si sottostava a qualunque perizia che il Papa richiedesse. Il Papa chiese perizia e parere al dicastero competente e avutoli, constatando la veridicità dei fatti sottoposti dal Cagiano, autorizzò l’esecuzione dei lavori. Era difficile sia per il gonfaloniere che per il card. Roberti, inghiottire questo rospo, per cui fecero orecchie da mercante e il perito, che doveva eseguire il preventivo, non arrivò mai. La contromossa del card. Cagiano fu quella di chiudere la cattedrale. A questo punto il card. Roberti si vide perso e ricorse al card. Mattei, predecessore del Cagiano, che si trovava a villeggiare a Grottaferrata, per farlo intervenire presso il Cagiano e fargli riaprire la cattedrale. La questione si appianò anche perché lo stesso Papa intervenne e la cattedrale fu riaperta per le celebrazioni della Pasqua del 1857 e poi richiusa per lavori fino al maggio 1858. Le spese, come era da prevedere, superarono il preventivo, tanto che il Del Grande minacciò di far eseguire, dopo le riparazioni murarie, solo una semplice imbiancatura, anziché la decoratura prevista. Il Cagiano per evitare altre discussioni, con relative perdite di tempo, aprì una nuova sottoscrizione che fruttò la somma di scudi 300 che furono versati al Del Grande al fine di non fare eseguire una «gretta» imbiancatura. Il Comune però doveva accollarsi la spesa della ripulitura e doratura del trono pontificale. Il 14 maggio 1858 il cardinale vescovo, ricevette nella chiesa del Gesù, S.S. Pio IX (1846-78), che era venuto a Frascati per osservare di persona la carrozza a vapore della ferrovia Roma-Frascati. Dal 24 al 26 maggio 1858, nella cattedrale, riportata a dignità e decoro, fu tenuto il sinodo diocesano, che non si celebrava dal 1776. Furono invitati come «testi speciali» il governatore di Frascati, il gonfaloniere Del Grande, gli assessori Giacomo De Nicola e Vincenzo Volpi, che, con il notaio Michele Gianmarioli, sottoscrissero l’atto finale. Subito dopo si verificò un fatto inconcepibile. Il gonfaloniere, dopo aver assistito al Sinodo, dopo aver firmato l’atto finale, all’ottavo giorno si ricorda che gli addobbi all’interno della cattedrale avrebbero potuto danneggiare la recente imbiancatura e diffida il capitolo a non farlo più, pena azione legale. Il tono era proprio quello del padrone di casa. Il Cagiano, per evitare dannose e spiacevoli conseguenze e far cessare questa pressante ingerenza, si rivolse al Mattei perché persuadesse il Del Grande a smetterla e a ritirare l’atto. Anche questa volta il Mattei riuscì a comporre la lite ed il Cagiano potè rassicurare il capitolo che il Del Grande aveva consegnato l’atto al Mattei, e che questo lo aveva stracciato. Il 25 aprile 1863 il card. Cagiano partecipò alla processione di trasferimento del quadro di Maria Santissima di Capocroce, dalla sua chiesa alla cattedrale, insieme con i cardinali Altieri e Pentini. Il corpo degli zuavi, con in testa il colonnello e gli ufficiali, chiudeva il corteo. Il 2 maggio celebrò il pontificale in cattedrale. Da questi festeggiamenti si ebbe un attivo di 120 scudi, che il cardinale propose al Papa di utilizzare per la costruzione del nuovo campanile della chiesa di Capocroce. La proposta fu accettata. Operò tre visite pastorali. I risultati, dalle relazioni del 1858-1861-1864 furono più che soddisfacenti. Tra alunni e convittori in seminario erano in 500. Fece rifare il pavimento della Chiesa del Gesù. Morì a Roma il 13 gennaio 1867. Fu sepolto a Roma in S. Croce in Gerusalemme

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